I rivoluzionari marginalisti. Come gli economisti austriaci vinse...
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Una storia che parte dalla Vienna fin-de-siècle, con la sua vivace cultura dei caffè per far emergere il quadro di un collettivo che aveva assunto a regola di vita il motto di Hayek: «Nessuno può essere un grande economista, se è solo un economista».«Una ricostruzione imparziale e approfondita dell'origine di una scuola di pensiero e dell'enorme influenza che ha esercitato... condotta magnificamente e piena di storie affascinanti» – New York Times Book Review«Una storia magistrale» – Wall Street Journal«Questo è un libro fondamentale per il nostro tempo. Un'opera documentata, accessibile, demistificante ed elegante; soprattutto, corregge le false idee correnti sulle origini e sui lasciti della scuola economica austriaca» – Jeremy Adelman, Princeton UniversityNell'epoca fra le due guerre, emerge a Vienna una nuova generazione di economisti che trasforma le teorie marginaliste di Carl Menger, e di altri studiosi della seconda metà dell'Ottocento, in una visione generale della società e dell'agire umano. Marginalisti rivoluzionari, Ludwig von Mises, Joseph Schumpeter, Hans Mayer e poi Friedrich von Hayek, Gottfried Haberler e Oskar Morgenstern propugnano un "neoliberalismo" radicale in aperto conflitto con ogni ipotesi collettivista e socialista. Negli anni Trenta, emigrano in gran numero da un'Europa in balia del fascismo e, a partire da allora, nelle patrie di adozione, diventano rispettati teorici politici ed esperti di politica economica. Dopo la Seconda guerra mondiale alimentano importanti think thank, la rand Corporation, la Mont Pelerin Society, il Gruppo dei Trenta e, negli anni Settanta, capeggiano il contrattacco conservatore all'economia keynesiana, aprendo le porte alla «fede nella globalizzazione, nei liberi mercati, nello Stato di diritto, nell'imprenditorialità e nel neoliberalismo che caratterizza la nostra epoca». Il successo è tale che le idee austriache, di Hayek e di Mises in particolare, raggiungono non soltanto i fautori di un libertarismo estremo, ma anche – ed è uno di quegli eclatanti paradossi che la Storia spesso riserva – i gruppi populisti radicali. Come un piccolo collettivo di studiosi dell'alta borghesia centroeuropea abbia esercitato un potere simbolico simile, vincendo la battaglia delle idee non soltanto per il governo dell'economia, ma della società in generale, è l'argomento di questo libro, che costituisce «la prima storia intellettuale critica della Scuola austriaca dalle origini ai giorni nostri». Una storia che parte dalla Vienna fin-de-siècle, con la sua vivace cultura dei caffè per far emergere il quadro di un collettivo che aveva assunto a regola di vita il motto di Hayek: «Nessuno può essere un grande economista, se è solo un economista».

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