Effetto Mose. Le sfide di un progetto per il futuro
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A un passo dal completamento di un’opera ingegneristica senza precedenti, un libro illustrato che conduce il lettore alla scoperta della storia della Serenissima e del suo rapporto con le acque, per approdare a comprendere un progetto in grado di salvare la città nel rispetto dell’ambiente che la accoglie.rn «Ci sono voluti circa cinquant’anni per progettare, discutere e trovare un accordo, riguardo al MOSE. È il tempo richiesto per sviluppare e implementare piani così complessi per proteggere le città costruite sul delta di un fiume. Venezia è ora all’avanguardia. Il know-how e l’esperienza acquisiti sono un esempio prezioso e una fonte di ispirazione per tutte le città di questo tipo in ogni parte del mondo. Se si può salvare Venezia allora si possono salvare tutte le città che sorgono sul delta di un fiume, almeno per i prossimi cinquanta-cento anni.» - Pier Vellingarn rnIn un momento come quello attuale, in cui la situazione mondiale è profondamente influenzata dai problemi climatici, ambientali e di innalzamento delle acque, questa pubblicazione vuole raccontare l’originalità tutta italiana nell’affrontare questo tema attraverso un grande progetto di ingegneria, il MOSE, realizzato a Venezia, città devastata dal fenomeno delle acque alte. Partendo quindi da uno sguardo globale e attraversando la storia ingegneristica e paesaggistica della Serenissima – che già dall’antichità interveniva in maniera decisa a tutela della propria laguna, deviando fiumi e costruendo imponenti dighe –, il libro racconta la concretizzazione di questa incredibile opera a Venezia, città da sempre caratterizzata per l’innovazione tecnica legata all’acqua. Attraverso una ricca raccolta, a cura del Consorzio Venezia Nuova, di immagini realizzate durante la costruzione, grafici e disegni che spiegano in modo chiaro e accessibile il funzionamento della tecnologia alla base dell’opera e della sua gestione, viene illustrata la complessità invisibile del MOSE anche a un pubblico non specializzato, rivelando i reali vantaggi di un’impresa troppo spesso sommersa senza appello da giudizi polemici. Traspare così l’impegno di un Paese per la creazione di una costruzione per la comunità, insieme alla consapevolezza del suo delicato rapporto con la città, la sua popolazione e l’ambiente: una sfida sempre rinnovata che coniuga la profondità della conoscenza al coraggio dell’invenzione.rn«Una grande opera pubblica somiglia a un monumento. Ne ha l’imponenza, i costi, la pretesa di durata. Ma non è un monumento. Semmai ai nostri giorni un’opera pubblica è un crocevia. Un luogo affollato, pieno dei progetti di chi l’ha pensato, delle attese di chi è destinato a fruirne e perfino delle previsioni di chi guarda più lontano. Un punto di congiunzione tra il passato e il futuro. Qualcosa di vivo, insomma, che protegge le persone verso cui è rivolto e contribuisce a far sì che la loro vita ne sia per qualche aspetto accresciuta. Diciamo anche che queste opere molte volte sono l’innesco di un discorso pubblico più ampio, un’occasione per mettere meglio a fuoco i nostri obiettivi, le nostre strategie e il profilo delle nostre società. In una parola, un’opera pubblica, qualsiasi opera pubblica, fa tutt’uno con il contesto in cui è inserita. Lo svela e lo muove – insieme. Tanto più queste considerazioni valgono per il MOSE, la barriera tecnologica che è chiamata a difendere Venezia dall’acqua alta, e che appunto fa parte a pieno titolo di quella città – così meravigliosa e insieme così particolare. Ne fa parte vivendo la sua vita, proteggendo la sua salute pubblica, concorrendo in qualche modo alla sua bellezza e, infine, offrendosi come la sua estrema ma decisiva periferia. Una periferia protettiva e strategica.» - Elisabetta Spitz

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