L' obelisco nero
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È l’aprile del 1923, e gli affari vanno maledettamente bene per la ditta di monumenti funerari Heinrich Kroll e Figli, sita in quel di Werdenbrück, una vecchia città di sessantamila abitanti, con case di legno, costruzioni barocche e orribili quartieri nuovi. La morte continua a fare il suo sporco lavoro e ad alimentare l’umano bisogno di lenire il dolore con monumenti di marmo o, se il rimorso e l’eredità so no grossi, di costoso granito nero svedese lucidato.rnAlla Heinrich Kroll e Figli, però, hanno poco da festeggiare. Più vendono, infatti, e più si impoveriscono. Una bizzarria all’ordine del giorno nella Germania del 1923, dove l’inflazione dilaga e, nel giro di qualche ora, con due chili e mezzo di banconote si può comperare tutt’al più una bottiglia di vino a buon mercato.rnLudwig Bodmer lavora alla Heinrich Kroll e Figli. È il capo della pubblicità, il disegnatore e il con tabile della ditta; insomma, è il so lo impiegato, per giunta inesperto, visto che è un poeta, regolare membro del club di poesia che si riunisce una volta alla settimana nella saletta stile anticotedesco di un rinomato oste di Werdenbrück.rnLudwig ha, però, anche un’altra occupazione.rnLa domenica indossa il suo abito buono, attraversa la città da cima a fondo, percorre un viale di ippocastani, si arrampica su una collinetta e raggiunge il manicomio, dove suona l’organo della cappella per la messa domenicale. Tra l’esecuzione di un brano e l’altro, il suo sguardo fruga nelle prime file, alla ricerca della testa scura di Isabelle, un’affascinante ragazza ospite del manicomio, che se ne sta inginocchiata sul banco, diritta e snella, con la testa delica ta china da un lato, come una statua gotica. Ludwig ama quel luogo. Dopo la colazione si reca nel parco e se ne sta tranquillamente seduto a dedicarsi a cose fuori mo da come ascoltare il vento, sentire cantare gli uccelli, osserva re il gioco della luce che filtra tra il verde chiaro delle fronde.rnRomanzo permeato dalla grazia e dalla levità della scrittura di Remarque, L’obelisco nero narra degli anni Venti della Germania, anni difficili di una nazione sull’orlo della rovina e, tuttavia, anni in cui, secondo l’autore di Niente di nuovo sul fronte occidentale, «la speranza sventolava ancora sopra di noi come una bandiera, e noi credevamo ancora in quei va lori sospetti che si chiamano umanità, giustizia, tolleranza, e pensavamo che una guerra mondiale potesse essere, per una generazione, un insegnamento sufficiente».

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