Ricordo di mio padre Francesco De Rocchi
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«Il sogno di tutti i critici d'arte è leggere libri d'arte non scritti da critici. [...] Il libro di Pier Rosa De Rocchi, raccolto con affettuosa cura da Giovanni Battista Fogazzi e voluto con altrettanto affetto da Rosanna Sangalli, è uno di questi. [...] È una testimonianza nel senso più preciso, perché la parola deriva dal latino testis o ter-stis, cioè «che sta come terzo». E chi è più terzo di un figlio, in questo caso dell'unica figlia dell'artista? [...] De Rocchi è stato, nella pittura italiana degli anni trenta, una delle voci più liriche. È un protagonista del Chiarismo, un movimento che a torto è stato considerato una anticipazione indebolita di Corrente ed è invece stato il primo, a Milano, a sostituire alla visione dell'uomo classica, coltivata dal Novecento di Sironi e Margherita Sarfatti, una visione dell'uomo romantica, dominata dalla precarietà e dall'incertezza. Nell'ambito del Chiarismo De Rocchi si è distinto per una «maniera monocroma» che appartiene solo a lui. Innamorato fin da ragazzo del Concerto di angeli musicanti di Gaudenzio Ferrari e delle opere del Luini, che vedeva nel santuario di Saronno dove era nato, appassionato di Masolino e del Foppa, che aveva conosciuto l'uno nella vicina Castiglione Olona, l'altro a Sant'Eustorgio e nei musei di Milano, De Rocchi aveva studiato nei primi anni venti all'accademia di Brera con Ambrogio Alciati, come la maggior parte dei chiaristi. Alla lezione di Alciati, tardo seguace della Scapigliatura, aveva sovrapposto quella di Cézanne e infine la scoperta di Modigliani.» (dall'introduzione di Elena Pontiggia)

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