Zucchero italiano
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Nel 1806 Napoleone decise di imporre il blocco continentale alle navi inglesi nei territori di dominio francese, dando così avvio alla produzione dello zucchero di barbabietola in Europa, che divenne antagonista a quello di canna. Anche l’Italia fu coinvolta e, sul finire del XIX secolo, nacque e si sviluppò un fiorente settore industriale che, incentivato poi dalla politica autarchica del regime fascista, giunse a contare nel 1957 ben ottantadue zuccherifici in attività.Cosa ne è oggi di questo importante settore? Qual è il futuro produttivo di quel bene prezioso che Alessandro Magno definiva «un miele che non ha bisogno di api»? L’Unione europea si colloca senz’altro tra i principali protagonisti del mercato, nonostante si sia assistito, con la riforma del 2006, a un ridimensionamento della capacità produttiva dagli oltre ventidue milioni di tonnellate del 2001 a poco meno di quindici milioni nel 2009-2010. Di conseguenza, dopo varie vicende spesso complesse della storia imprenditoriale e politica del nostro paese, come quella di Raul Gardini e della Montedison, le industrie zuccheriere si sono ridotte a poche unità, anche a causa del cambiamento d’indirizzo della politica economica europea. Esse si trovano dunque di fronte a una sfida importante, che poggia sui successi del passato e si proietta in un futuro in gran parte da inventare, ma a partire da solide basi. Nel libro si ricostruisce l’affascinante storia economica e sociale dello zucchero, e si svelano le strategie attraverso le quali il maggior gruppo saccarifero italiano, di matrice cooperativa, l’emiliana Coprob, intende agire nel nuovo scenario internazionale.

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