Anfitrione. Variazioni sul mito
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La vicenda di Anfitrione è tra i miti antichi più ripresi in età moderna: valoroso condottiero e sposo felice di Alcmena, l’eroe è vittima di un inganno perpetrato da Giove, che ne assume le sembianze per sedurne la sposa e generare con lei il semidio Ercole. Connesso da un lato all’archetipo del fanciullo divino, figlio di un dio e di una donna mortale, dall’altro al tema del doppio, il mito si è prestato a molteplici riletture. Tra i testi qui proposti – coincidenti con i momenti chiave della lunga storia di Anfitrione – la «tragicommedia» di Plauto si impone come ineludibile punto di partenza: commedia degli equivoci e degli inganni, incentrata sul «furto di identità» (nasce da qui il significato moderno di «sosia»), l’Anfitrione plautino è un esempio di come la cultura antica intendeva il tema del doppio. L’adulterio è invece al centro dell’Amphitryon di Molière, che rilegge il modello antico adattandolo alla realtà e ai gusti del suo tempo: sulle inquietudini del doppio prevale la beffa ai danni del marito tradito. Ancora diverso il testo di Kleist: apparentemente ispirato al fortunatissimo modello molieriano, in realtà se ne distacca radicalmente, sviluppando in modo originale il potenziale tragico della vicenda. Segnata dal conflitto tra apparenza e realtà, la commedia di Kleist appare perciò venata da una sottile amarezza. Infine, l’Amphitryon 38 di Giraudoux, meno noto al pubblico italiano, è forse la più brillante tra le varie riprese del mito nel Novecento: commedia degli equivoci lieve e ricca di humour, pone in primo piano il tema della coppia che miracolosamente resiste alle insidie del destino ed esalta il personaggio di Alcmena come donna padrona di se stessa e capace di gestire la propria vita.

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