Nel bianco
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Parafrasando Lévi-Strauss, come suggerisce Mian nella prefazione, questo libro avrebbe anche potuto intitolarsi “triste Artico”, poiché mostra, con sorprendente anticipo, ciò che è diventato chiaro oggi: che il vortice della Storia, ha risucchiato l’Artico dalla periferia del tempo e lo ha travolto.rn«Viaggiare è fuggire il proprio demone familiare, distanziare la propria ombra, seminare il proprio doppio»: così Paul Morand descrive il senso di ogni autentico viaggiare. Una massima che, in un giorno d’aprile, ha spinto SimonaVinci a raggiungere l’immenso corpo di ghiaccio sulla testa della Terra, quel gigantesco, infinitocuscino bianco di tremila metri di profondità chiamato Artico. Un luogo dove la Natura è potente e imprevedibile, dove l’isolamento è una condanna e una sfida quotidiana, dove si è in balia delle intemperie, della neve, del vento, degli animali feroci, del freddo e delle proprie paure. Un luogo apparentemente ideale per distanziarsi da sé stessi e accettare l’imprevisto qualunque esso sia, persino «quello di non sapere più di preciso chi si era prima di partire».rnQuesto libro è il puntuale resoconto di questo viaggio, «innescato – come scrive Marzio Mian nella prefazione – dal richiamo della bellezza assoluta o dal bisogno di chiudersi nella più blindata fortezza di solitudine al mondo». È perciò la narrazione di questa bellezza, dei fiordighiacciati, delle rocce a picco sul mare dov’è possibile contemplare gli iceberg e le isole di ghiaccio. Ma è anche il racconto di un mondo in cui le etnie che lo abitano, dalla Groenlandia alla Siberia, pressate dall’avanzata della modernità, hanno abdicato ai loro modi di vita millenari.

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