La ragione errabonda. Quaderni postumi
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Questo volume ci introduce nel laboratorio del pensiero di Colli: l’imponente massa di questi appunti, stesi fra il 1955 e il 1977, ci permette di seguire momento per momento l’intessersi di una speculazione che fu, sin dall’inizio, mirabilmente costante. Colli si affidava alla scrittura con diffidenza – e soltanto quando riteneva di aver raggiunto un risultato preciso. Qui, dunque, già dalle prime pagine ci troviamo nel cuore della sua tematica. Subito è evidente la sua preoccupazione di riconoscere i tratti della «hybris costruttiva della ragione», che egli considerava «responsabile della decadenza». Contro questa «ragione errabonda», inseguita in tutte le sue metamorfosi, in tutte le sue trappole, si è sempre rivolto il pensiero di Colli, ma con un senso di intensa fascinazione, che lo obbligava a descriverla in tutti i suoi meccanismi. Negli appunti qui raccolti assistiamo al tenace lavoro di progressiva sceverazione fra questa ragione, che divampò per la prima volta nella Grecia antica, divenendo infine il fondamento del mondo moderno – e un’altra faccia della Grecia, quella dei «sapienti», a cui Colli intendeva riallacciarsi. Come nei temi, egli fu costante nello studio dei suoi autori: i pensatori arcaici, da Parmenide a Empedocle – quelli appunto che Colli non voleva chiamare Presocratici, ma «sapienti» – Platone, Aristotele, Kant, Schopenhauer, Nietzsche. Si può dire che per lui la discendenza essenziale del pensiero fosse fissata in questi nomi: ai loro testi continuamente ritornava, per opporsi, per scoprirli. In Colli – e nulla lo rende tanto chiaro come questi quaderni postumi – la ricerca teoretica e la ricerca filologico-storica si intrecciavano e convergevano. Infatti, come egli scrisse in un suo appunto, «la sola via d’uscita sembra essere quella alle nostre spalle: procedere a ritroso, nell’esperienza e nella storia, per affrontare il passato al suo apparire».rnAllo strenuo lavoro tecnico che accompagnò la stesura dei suoi libri e delle edizioni da lui curate – testimoniato per esempio dalle ricchissime annotazioni sulla logica aristotelica nel periodo in cui egli tradusse e commentò l’Organon – si unisce in queste pagine un controcanto personale e segreto, prezioso filo per chi voglia intendere i suoi scritti. Seppure ostile alla filosofia sistematica, Colli si rivela, nel procedere della sua elaborazione teoretica, uno stupefacente costruttore, che a poco a poco aggiunge al suo edificio le pietre giuste, a lungo soppesate: e sono spesso le pietre che il nostro mondo ha tentato di gettare via.

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